MANUEL E PEPPINO DIVISI A BERLINO

Soggetto e sceneggiatura: Gianfranco Cordì

 

 

 

I° TEMPO

 

Manuel e Peppino sono due gemelli siamesi uniti dalla nascita da un cordone ombelicale che parte dalla testa di Manuel e giunge alle orecchie di Peppino, detto Pino Pizzati. Un certo giorno i due fratelli guardano la cartina geografica della Calabria. E scoprono che vicino a Samo, il paese in cui abitano, c’è Bovalino, ridente cittadina divisa in due parti: Bovalino alta e Bovalino Bassa. La cosa li colpisce enormemente. I due samesi e siamesi pensano: “Se Bovalino è separata in due, ci possiamo separare finalmente, pure noi, in due”. Partono quindi sul loro calesse guidato da due scecchi con la varda: Cip e Ciop. Arrivano, dunque, a Bovalino. A Bovalino, Manuel vede per la prima volta in vita sua il sole. Ne rimane folgorato. Ripensa allora alla sua famiglia patriarcale, al fratello, alla madre, ai figli; in un fiat compone una canzone: “ Com’era sana e bella un tempo la famiglia, si stava bene in casa con gioia e serietà, ma oggi è un parapiglia si spascia la famiglia”. Peppino, dal lato opposto del cordone ombelicale, annuisce. Passa in quel momento Piero Gambardelli, elettricista con il pallino del cinema. Peppino gli chiede: “Che pallino è quello che avete?”. Gambardelli gli risponde: “Io voglio fare un esperimento cinematografico che nello stasso tempo si rivelerà essere molto importante per la storia della scienza: trapiantare il mio cervello su quello di una lesbica di Bruzzano ”. Mauel dice: “ Ma non ne vedo il motivo!”. E Gambardelli risponde: “ C’è sempre un motivo”. A questo punto Parente Serpente comincia a cantare “Una carezza in un pugno”. Parente Serpente, come vuole il suo nome, è una persona molto astuta. Proprio come un Serpente lui si insinua nelle pieghe rimosse dell’inconscio collettivo e lo rende individuale; è una specie di cobra. Ma Peppino non è d’accordo ed obbietta al  mio orecchio: “Il cobra non è un serpente”. E Manuel: “Ma un pensiero invadente”. Peppino: “Che diventa indecente”. Cobra fu un film di nessun successo ( ne di critica ne di pubblico) degli anni ottanta con Sylvester Stallone. Il Mereghetti lo menziona solo per la pallida interpretazione di Brigitte Nielsen, all’epoca ancora moglie di Stallone. Sarebbe passata al mondo dei reality negli anni seguenti. Parente Serpente queste cose le ha sentite dire. Lui è furbo come un koala. Velenoso come una vipera. Sgusciante come un boa. Parente, infatti, ha sentito anche dire che Adamo fu tradito da un serpente; ed ha sentito dire che i serpenti popolavano la terra subito dopo dei dinosauri. L’evoluzione stessa dei dinosauri li ha portati a diventare serpenti. Poi, dai rettili sono nati gli ominidi, poi l’homo erectus e via via si è arrivati all’homo sapiens sapiens: cioè all’uomo come siamo abituati a conoscerlo oggi. Parente Serpente, però, è rimasto un serpente. Non si è evoluto. Anche quando Enzo Zurzolo gli dice di fare l’amore di profilo, Parente non è d’accordo. Non si è evoluto. Manuel e Peppino sono ancora uniti fra loro, in quel Bovalino. Stanno per tornare a Samo con le pive nel sacco quando a Manuel (ci credereste?) viene un’idea. Ape il sacco, butta le pive e cerca all’interno di esso. Tira fuori il calendario 2006 di Suor Germana. Manuel esplode in un sorriso radioso e dice a Peppino: “ Ecco la quello che fa per noi: partiamo subito per la Germania”. Peppino annuisce ancora (anche se non sa cosa vuol dire annuire lui annuisce, anzi vuole essere messo nell’annuario delle calcio scommesse per il quale ha pagato anche tre annualità annualmente perché quando qualcuno dice “scemo” a suo fratello Manuel, lui, essendo a Manuel unito, se la prende come un fatto personale e dice. “ A cu si dicsisti scemu? A nui? Tutto questo non c’entra molto con la storia che sto raccontando per cui la riprendo). I due fratelli salgono sul rapido Taranto-Ancona (questa solo gli amatori di Rino Gaetano la possono capire). Si dirigono verso la Germania. Disgraziatamente: l’anno in cui si svolge questa vicenda è il 1989.

 

 II° TEMPO

 

In Germania siamo all’ ”anno zero”; Rossellini è morto da tempo, sua figlia non fa più i film con Arbore ed Ingrid Bergman è sempre più di frequente confusa con Ingmar Bergman dai commessi dei Blockbuster. Insomma in Germania è appena caduto il Muro di Berlino. Manuel e Peppino arrivano in un paese che è davvero incasinato. Si mettono in cammino, dalla stazione dei treni di Berlino in direzione della Porta di Brandeburgo. Il cielo è plumbeo. Battisti, che in quei giorni è in vita, sta dicendo che quella è “una giornata uggiosa”. Pure Manuel ha scritto (questo è un termine grosso!) delle canzoni cervellotiche ed abnormi. Ha scritto “Io sono un playboy”; poi, in sala di incisione a Lamezia Terme, ha cambiato il titolo in “Siamo tutti playboy”. Si è fatto una foto con una batteria ed una con un autobus della linea Siciliano ed ha fatto una cassetta musicale con tutti i suoi successi. Credetemi: è rimasto lo stesso il coglione che era. Peppino, invece, ha scritto una poesia; “Mantello rosso”. Qualcuno ha pensato che ci fesse dietro qualche faccenda politica; ma Peppino ha dichiarato che il Mantello era rosso fin da prima. Da prima di che cosa, non l’ha saputo dire? Comunque ‘sto cazzo di mantello dice che era rosso. Forse era rosso di sera. Cumpari Giamba, interpellato da “Radio capital”, ha dichiarato che per lui si trattava di zorro colpito a morte ferito e tutto insanguinato. Peppino non ha commentato. Finale: Peppino è ed è rimasto un fesso; Cumpari Giamba se n’è andato per la sua via, del Mantello Rosso si dice che sia il cielo, in un tramonto di fine giugno, quando tutte le cose stanno per essere e, forse, ancora non sono. (‘Sta cazzata di frase mi è uscita poetica).

Comunque, Manuel e Peppino, con il Muro lì vicino, in un pomeriggio novembrino, sono a Berlino.

Un passante urla verso Manuel: “ In Germania Ovest c’è il successo per tutti”. Manuel corre verso la Germania Ovest. Un altro passante urla verso Peppino: “In Germania Est ci sono le troie”. Peppino corre verso la Germania Est. Così, proprio al centro del Muro, Manuel corre da una parte e Peppino dall’altra. Il cordone ombelicale che li teneva uniti, tirato fino all’estremo da ambo i lati, alla fine si spezza in due. Manuel e Peppino sono divisi a Berlino.

Gianfranco Cordì, sulle Macerie del Muro, cammina assorto fumando come al suo solito una sigaretta dopo l’altra. La mente del filosofo corre a tante cose, tantissime, infinite, forse a nessuna. Ad un certo punto una lacrima gli scende dalla guancia sinistra. “In questo giorno qui, almeno qualcosa di sinistra ci è rimasto” pensa Gianfranco. E’ sera. E’ Tardi. Berlino è in festa. Gianfranco si attarda a guardare i resti fumanti del Muro di Berlino e si domanda che cosa, in fondo, è finito davvero da quel giorno.

 

 

NOTA: Non c’è l’ho fatta. Dovevo scrivere per forza il finale che avete letto. Perdonatemi. Ma cercate di capirmi: alcune cose non si possono evitare nella vita. (GC)