Vado (e vengo da) a Samo da anni.
Da sempre.
Mi ricordo la Samo degli anni settanta, quella del gemellaggio con Samos (di
Grecia), quella dei salesiani (fino a) quella dei murales.
Mi ricordo la Samo che non c’è più. La Samo che non c’è mai stata! Quella del
cantautore E. B. Manuel (Emanuele Brancatisano), quella di Peppino "Biliardo"
Pizzati. Quella dei "Pitagorici" e dei "Nuovi eroi". E ancora: la Samo del Ds
(partito cui appartengo), quella di Luciano Brancatisano (che si è suicidato)
e che suonava la chitarra.
Quella della chitarra.
Il "Festival dei due mondi" a cui ho partecipato. Le serate ai tavolini dei
bar. Le serate a immaginare una donna (sempre di qualcun altro).
Mi ricordo Giacobbe: il suo "companeros" e il suo "Barzanò".
Mi ricordo la pizzeria in via La Verde.
La nuova pizzeria sotto al "Bar Pitagora".
Il primo seno femminile che ho toccato.
Le squadre del torneo di calcio (quando era torneo) . E, "mi ricordo, sì, mi
ricordo" (Mastroianni) che da piccoli coi fratelli Surace e i miei cugini di
Novara (Pacileo) facevamo le squadre per giocare a calcio: ci chiamavamo
"Stella Azzurra" e "Italia" (io ero della "Stella Azzurra").
C’erano: Franco Surace, Massimo Surace, Antonello Palumbo, Alessandro e
Giuliano Pacileo. E Giovanni Brancatisano.
Le ingiurie, le gare a chi le sparava più grosse (vinceva sempre Massimo
Surace), le gare a colpi di sassi. Mio zio Franco (Cordì) che, dormiva, e non
voleva essere svegliato. Le gare coi tappi. Il primo("E chi se lo dimentica
più"- De gregari) amore e poi il secondo, il terzo. Mia nonna, le mie due
nonne, le mie tre nonne (c’era , anche , la mia bisnonna Angela).
E quelli che venivano dall’Australia, dall’America o semplicemente: da Novara.
E una Samo che non ho vissuto: quella della squadra di calcio iscritta al
campionato di "terza categoria", i murales, le lotte politiche.
Mia cugina candidata.
Mio padre candidato.
Il senso della vita e il senso dell’essere: tutti raccolti in una corsa fino
al campetto (comprensiva di risalita).
E quelli che non ci sono più; gli amici perduti, le lettere ritrovate, le
donne con le gonne e le "processioni" dove le potevi vedere. E la "festa di S.
Gianni" ("le" feste di San Gianni) con i suoi cantanti. Mi ricordo, Le Orme,
Pupo, Lena Biolcati, Fiordaliso, Antonio e Marcello, Angelo Mauro, Angelo
Cavallaio, Nino D’Angelo, i Meterora, Fabio Concato. Ed ancora: il panino
(finale, alle tre di mattina) con Franco Talia, Domenico e Antonio Aprile e
Gianfranco Bonfà (di Bologna) al bar di "Mandarano" oppure al "Circolo
Ricreativo" in piazza Municipio.
E una miriade di donne: Maria, Teresa, Filomena, Francesca, un'altra
Francesca, Daniela e gli uomini: Giovanni, Bruno, Leo, e ancora e ancora.
Perché andare (o tornare) a Samo, oggi ?
Semplice: per "innamorarsi di Samo".
Per innamorarsi "a" Samo. Per la piccola "Natalia Estrada" (ci assomiglia) che
canta con Antonio. Per la piccola Rita che non canta ma è bella. " Abbiamo
parlato a lungo di passione e spiritualità"- ancora De Gregori): con Pina,
Pino, Rina (di Busto) e con Mimmo. Aldo e non so altro con chi. "Innamorarsi
di Samo": mica facile.
A Samo ci sono quelli che non ci sono più (i miei parenti e amici, al
cimitero). Un giorno ci sarò anch’io lì, ho la cappella apposta. A Samo ci
sono quelle che l’hanno data a un altro (non perché era più intelligente, ma
perché era più bello). A Samo ci sono (e non ci sono) quelli che fanno,
pragmaticamente, la politica come se fosse un affare di macelleria. Ma c’è il
verde, i murales, la pizza, il bar di Ciccio Talia, ma c’è la redenzione,
padre Claudio, la chiesa, l’oratorio, il tabacchino (che vende le provole !),
la posta. A Samo c’è il postino che ti legge le cartoline della tua fidanzata
e poi lo va a dire a tua zia (o a sua figlia, che, magari, a me piaceva pure
!). A Samo c’è tutto (e non c’è niente). Il "Parco" e la "Cooperativa". Di
nuovo i murales e il lavatoio. La "Caccia al tesoro" e le gambe di una ragazza
di sedici anni. A Samo c’è la vita, a Samo c’è l’esistenza. "Vi piace meglio
qua, o a Reggio ?" mi sentivo ripetere dai vecchietti, una volta. " Meglio
qua" ("a Reggio c’è più confusione") era la mia risposta. "Prendi questa mano
zingara!"(De Gregari, sempre). Dimmi che futuro avrò ? Con chi passerò il mio
futuro? Di chi mi innamorerò ? " Innamorarsi di Samo" è credere: credere che
l’impossibile sia possibile, che il bene trionfi sul male, che la vita non sia
un’equazione ma il mare e il sole di un’estate passata a Samo. "Innamorarsi di
Samo" è correre. Essere felice. E’ un ipotesi. Nel caos frenetico della vita
moderna. E’ un’idea ("platonica", ma mica tanto). E’ fare all’amore, è tornare
bambini, è evitare la retorica e cadere nella retorica. "Siamo tutti playboys"
(E.B. Manuel). Siamo tutti qui. Ogni estate, ogni quaresima, ad ogni lutto, ad
ogni sposalizio. E, per tutta la vita, e di tutta la vita. "Innamorarsi di
Samo" è scopare con la morte e vincere la noia. E’ un panino! Sarà ben un
panino! Con la salamela. E’: visitare i parenti. Trovare Fortunata cresciuta.
E’ mia nonna (Marianna) che va in campagna. E’ uscire e rientrare. Mi innamoro
di Samo quando so che non l’ho amata. "Innamorarsi di Samo" è un invito
(virtuale) a tutti gli amici (e utenti) di "Internet". E’ il senso di questo
sito. E’ la situazione esistenziale di chi "ama". Correte a Samo (di Calabria)
per vedere il "Parco" e per innamorarvi. Samo è il "paese vecchio"; è il
"castello" di Pitagora. Sono due occhi straordinariamente aperti. E’ una
ragazza che ho amato e che oggi ha tre figli. Samo è la musica. La civiltà. La
gioventù e la vecchiaia: gli anziani nelle panchine della piazza. E poi c’è
tutto quello che non c’è. Ma: ce lo mette la nostra fantasia. "Innamorarsi di
Samo", coraggio, basta poco: solo andarci o venirci, solo credere. E Samo:
risponderà. Io da anni sono convinto cresciuto e attento, sono in maniera
inconscia (ma conoscibilissima) follemente, perdutamente, definitivamente
"innamorato di Samo".