L’ANIMA DI CICCILLO

 

                                                                                    “ A Franco, che mi ha insegnato

                                                                                    dov’ è Patà.”

 

Stavo, solo, a Patà infastidendo tre caprini

quando sento alle mie spalle la voce di Gianfranco Fini.

Mi volto di scatto e vedo una nera signora

fatta di ossa, con un teschio, e ai piedi: un paio di Diadora.

Aveva il ghigno nei denti, pieni zeppi di calce

un mantello alle spalle ed in mano una falce.

La guardai nelle vuote orbite e le dissi: “ che vuoi ?

fino a prova contraria: i caprini non sono affari tuoi !”.

Ed, inoltre, dichiarai: “ io voto pure per l’Ulivo “.

Fini fece: “ in questo momento tu sei vivo,

vengo a proporti un gioco, se no tra poche ore

mi porterò via l’anima del Collocatore !”.

“ Di che gioco si tratta ? “ domandai alla Magna Mater.

“ Se vuoi salvarlo io ti propongo un poker “.

Fra me e me pensai: “ che razza di assillo,

in fondo a me che me ne frega dell’anima di Ciccillo !”.

Dissi a quel punto: “ rispondimi forte:

se accetto poi che succede, su rispondimi, oh morte ?”.

Il presidente di AN mi mostrò la strada:

“ se vinci, tu avrai in premio la sua anima salvata !”.

E continuò: “ giocheremo sull’asfalto di questa provinciale,

queste sono le carte: prendere o lasciare ?”.

Accettai senza entusiasmo e con un po’ di malumore

bestemmiando apertamente sull’anima del Collocatore !”.

Cominciammo a giocare e la morte con arte

prese il mazzo e, con destrezza, tagliò subito le carte.

( Si giocava in un’unica mano

vicino a un campo di grano ).

Presi le carte con in petto moltissimi timori.

Le guardai: erano tutte e cinque di fiori !

“ Io voglio una carta “ disse, in un mordi e fuggi,

senza fare una piega quell’uomo di Fiuggi .

Poi la pigliò dal mazzo con una specie di dito,

a quel punto toccò a me, che dissi: “ servito !”.

Ognuno di noi mostrò quello che aveva:

lui aveva un full ai quadri; l’infame rideva !

“ Mio caro ministro, eccellenza, sire, dottore

mi sa che hai perduto: io tengo il colore “.

Fini si adirò, e sparì dalla provinciale

quando di lì passò Franco Surace, inseguito da un maiale.

“ Che buffa morte che è questa ! Ma fatemi il piacere !

Innanzitutto: non ci sono scacchi; e poi: io non sono un cavaliere “.

Dopo pensai che avevo fatto davvero un bel guadagno !

Mentre Giovanni Surace, come ogni giorno, si vestiva da Uomo Ragno.

Che me ne faccio di un’anima, specie oggi che tira vento:

io non offro, certo, il lavoro all’Ufficio di Collocamento.

Io non sono Romano Prodi e nemmeno Robin Hood,

( Massimo Surace, in quell’istante, fu imbottigliato dentro una birra Bud ).

Un’anima è molto ingombrante, non la puoi mettere in uno zaino

E poi quella di Ciccillo chissà quanti scheletri ha nell’armadio !

Presi allora il pacchetto e mi accesi una sigaretta:

“ che me ne fotte a me della sua anima maledetta ?”.

Fumai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso;

“ c’è qualcuno che vuole un’anima a buon mercato, qui, per caso ?”.

A quelle parole udii un suono provenire da lì vicino:

era Satanasso con in mano il suo violino.

“ Se tu non la vuoi, nessun problema, la prendo io:

ho giusto bisogno di un’ impiegato al collocamento mio “.

 

Mandai così al diavolo: Ciccillo, i Surace e Gianfranco Fini

e tornai tranquillamente a infastidire tre caprini.

 GIANFRANCO CORDI’