L'ANNUNCIAZIONE
(L'Ottava di Pasqua)
La Chiesa di altri tempi dedicava tutti i giorni di questa settimana all'astensione del lavoro come se si fosse trattato di un'unica festa; ed i lavori manuali ne restavano interrotti durante il corso. L'editto di Teodosio, nel 389, che sospendeva l'azione dei tribunali durante questo periodo, veniva ad aiutare tale prescrizione liturgica che noi troviamo menzionata nelle prediche di sant'Agostino e nelle omelie di San Giovanni Crisostomo. Quest'ultimo, parlando ai neofiti, così si esprimeva: "Durante questi sette giorni voi godete dell'insegnamento della dottrina divina; l'assemblea dei cristiani si riunisce per voi, noi vi ammettiamo alla sacra mensa; in questo modo vi armiamo e vi esercitiamo alle lotte contro il demonio. Poiché adesso, che si prepara ad attaccarvi con maggior furore, più è grande la vostra dignità e più vivo sarà il suo attacco. Mettete dunque a profitto i nostri insegnamenti durante questo intervallo e sappiate imparare a lottare valorosamente. Riconoscete pure in questi sette giorni il cerimoniale delle nozze spirituali che avete avuto l'onore di contrarre. La solennità delle nozze dura sette giorni; noi abbiamo voluto, durante questo stesso periodo, trattenervi nella stanza nuziale"15.
Tale era allora lo zelo dei fedeli, la loro attrazione per le solennità della Liturgia, l'interesse che portavano per le nuove reclute della Chiesa, che essi aderivano con premura ed erano assidui a tutto ciò che da loro si esigeva durante questa settimana.
La gioia della Risurrezione riempiva tutti i cuori e occupava ogni momento. I Concili emanarono dei Canoni che erigevano in legge questa consuetudine. Quello di Macon, nel 585, così formulava il suo decreto: "Noi dobbiamo tutti celebrare e festeggiare con zelo la Pasqua, nella quale il Sommo Sacerdote e Pontefice è stato immolato per i nostri peccati, e dobbiamo onorarlo mediante l'esattezza nell'osservare le prescrizioni che essa impone. Nessuno, dunque, si permetterà alcuna opera servile durante questi sei giorni (che seguono la domenica); ma tutti si riuniranno per cantare gl'inni della Pasqua, assistendo assiduamente al Santo Sacrificio quotidiano e radunandosi per lodare il nostro Creatore e Rigeneratore, la sera, il mattino e a mezzogiorno"16.
I Concili di Magonza (813) e di Meaux (845) danno le medesime prescrizioni. Noi le ritroviamo in Spagna nel VII secolo, negli editti dei Re Recesvinthe e Wamba. La Chiesa Greca li rinnovò nel suo concilio in Trullo; Carlo Magno, Luigi il Pio, Carlo il Calvo lo sanzionarono nelle loro costituzioni; i canonisti del secolo XI e XII, Burkard, S. Ivo di Chartres e Graziano ce li dimostrano in uso ai loro tempi; finalmente Gregorio IX provò ancora a dar loro forza di legge in una delle sue Decretali del XIII secolo. Ma già in molti luoghi questa osservanza si era indebolita.
Il concilio tenuto a Costanza nel 1094 riduceva la solennità della Pasqua al lunedì e martedì. I liturgisti Giovanni Beleth, nel XII secolo, e Durando nel XIII, attestano che, ai tempi loro, questa riduzione era già in uso presso i Francesi. Essa non tardò ad estendersi in tutto l'Occidente e costituì il diritto comune per la celebrazione della Pasqua, fino a che, essendosi sempre accresciuto il rilassamento, si ottenne successivamente dalla sede Apostolica la dispensa dall'obbligo festivo del martedì e, in Francia, anche del lunedì, dopo il Concordato del 1801.
Per arrivare alla comprensione della Liturgia fino alla Domenica in Albis, è dunque necessario ricordarsi costantemente dei neofiti, sempre presenti con le loro vesti bianche alle Messe ed agli Offici divini. Le allusioni alla loro recente rigenerazione sono continue e tornano senza tregua nei canti e nelle letture durante tutto il corso di questa Ottava solenne.